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IL SORRISO DELLA LUNA

Ultimo Aggiornamento: 07/11/2004 19:23
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07/11/2004 19:23
 
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IL SORRISO DELLA LUNA



La lama del rasoio accarezzò la sottile pelle rosata dell'avambraccio, attraversata dalle vaghe linee delle vene sottocutanee. Lievemente. Dolce carezza portatrice di pace. La lama penetrò nella carne attraversandola dolcemente, senza fatica.
Il dolore acuto non fermò la mano armata, ne la fece sussultare. Neanche un istante di indecisione. Anche perché Greta non era più in grado di percepire il dolore.
O meglio, lo sentiva ma era come se non fosse suo, come se arrivasse da lontano, come il boato di un tuono giungeva alle sue orecchie quando nascondeva la testa sotto il cuscino per la sua incurabile paura dei temporali. Un suono e un dolore per così dire "tumefatti".

Una sottile linea rosso intenso andava delineandosi per la lunghezza dell'avambraccio contrastando notevolmente con la candida pelle pallida come la luna.

Greta si meravigliò di quel pensiero. La luna. Sotto il freddo sguardo della luna aveva concepito in qualche ora di passione, che allora chiamava amore, la sua piccola Floridea, la bambina che sarebbe diventata sua ragione di vita o di morte, nello stesso istante in cui seppe di averla nelle sue viscere.

A questo ricordo, la lama del rasoio cominciò a tremarle tra le dita e le sfuggì finendo per terra con un breve allegro tintinnio derisorio, in contrasto col messaggio che quella lama bordata di rosso portava. Ed istintivamente la mano che prima stringeva la lama si diresse verso il ventre piatto di Greta accarezzandolo con amore, e i ricordi turbinarono nella sua mente, sgorgandole dal cuore. Con la stessa intensità con cui il sangue fuoriusciva dalle arterie recise andando a dipingere le bianche lenzuola del letto su cui Greta era sdraiata.

In un istante eterno vide il film dei suoi ultimi due anni di vita.

La sua pancia piatta che lentamente prendeva la tipica forma arrotondata (sorriso).

Il volto dell'uomo con cui era avvenuto il concepimento di Floridea, che per Greta aveva rappresentato il fulcro dell'universo finché un giorno, i suoi vestiti, spazzolino e rasoio, semplicemente non furono più dove erano stati per 6 lunghi anni discretamente facili e fortemente sereni (lacrime... se ne fossero rimaste).

La decisione di lasciar vivere Floridea e il ricordo del sollievo a decisione presa (scelta giusta? Ormai che importanza ha?).

I primi movimenti nel ventre, calci e curiose bozze date dalla pressione di un piccolo pugno o di un tallone della bimba. (sorriso, lacrime)

La notizia, al settimo mese, della grave disfunzione cardiaca di Floridea.

A quel pensiero entrambe le mani di Greta si strinsero con rabbia sulle lenzuola, provocando uno zampillo di sangue simile ad una macabra marea rossa.

Ottavo mese. Parto cesareo forzato. Il cuore della piccola si era fermato.

Angoscia.
Dolore.
Disperazine.
Impotenza.
ANGOSCIA.

"Signorina Greta..." una voce fredda più del ghiaccio si fece spazio tra l'oscurità che l'aveva avvolta un momento prima che le infilassero le mani nel suo addome aperto.
Passò qualche secondo prima che la voce del medico ricominciò nella sua macchinosa litania assolutamente priva di emozioni.
In quei secondi Greta sentiva ogni proprio sospiro, ogni battito del suo cuore, rimbombargli nelle orecchie insieme al pulsare del suo sangue. E pareva che tra un battito cardiaco e l'altro... trascorressero ore.
Ancora non riusciva a distinguere i lineamenti del medico in piedi alla sua sinistra, che nelle immagini sfocate innanzi ai suoi occhi pareva una semplice macchia di verde sbiadito dei contorni bianchi, vaghi.
"Come si sente?"
Il tono della domanda non lasciava intendere alcuna implicazione emotiva. Richiedeva solo un dato.
"La mia bambina!" Urlò. O almeno è quello che avrebbe voluto fare. Dalla sua bocca uscì un sospiro appena udibile, pagato con una fitta di dolore indicibile nelle viscere. Le sembrava ancora di sentire il bisturi recidere la carne affamato dei suoi intestini.
Greta sentì il medico inalare l'aria per emettere il verdetto.
Il medico iniziò a pronunciare la prima sillaba e a Greta sembrava di essere in uno di quei film dove le scene e i suoni vengono riprodoti in moviola.
Ci mise un po' ad attribuire un senso logico all'insieme di suoni vocali e respiri emessi dal dottore.
Aveva pronunciato solo poche semplici parole.
Sempre col suo tono da robot.
"E' fuori pericolo!".... per ora"

Le lacrime ripresero a scendere al ricordo delle stesse lacrime di gioia che aveva versato nel letto dell'ospedale e la Greta sanguinante si trovò a pensare allo strano incedere della vita. Tutto era iniziato in un letto. Ed ora giungeva la fine. In un letto.
Si ricordò chiaramente del volto della pallida mezza luna, che, come un sorriso, vedeva stagliarsi contro il cielo tra le numerose nuvole, attraverso la finestra dell'ospedale. E già allora si chiese se quel sorriso fosse di compassione... o di scherno.

Greta diresse lentamente il suo sguardo alla sua destra e vide che il sangue, assorbito dal candido lenzuolo, si stava velocemente espandendo, fino a raggiungere il corpicino immobile accanto a lei. Il suo sguardo risalì lentamente dai piccoli piedi, alle gambe, per poi passare al petto.
Si soffermò sul petto nella speranza di vedere un lieve movimento.
Niente.
Chiuse gli occhi e ingoiò il nodo che le si era formato in gola. Proseguì alle spalle dove soffici riccioli morbidi si adagiavano sul letto per poi allargarsi in una corona intorno al dolce viso della piccola Floridea.

Gli occhi di Greta cominciarono ad annebbiarsi per la copiosa perdita di sangue. Ormai aveva perso ogni sensibilità in tutto il corpo. Poteva sentire solo un piacevole freddo privo di sofferenza che si espandeva per le sue membra ormai così stanche.

Si sforzò di guardare il piccolo viso di Floridea un ultima volta. Pochi minuti prima l'ennesimo attacco di cuore l'aveva stroncata. Ma per Greta eran passate ore. Il viso della piccola sembrava etereo, in contrasto col suo corpo immobile e il sangue di Greta che circondava il suo corpicino in un ultimo abbraccio.
Sorrideva.
Le sue labbra sottili ben delineate, come quelle di Greta, erano contratte piacevolmente in un sereno sorriso. A Greta ricordò il sorriso della luna.
"Ma prima... no. La fine dev'essere vicina" pensò Greta.
Era sicura di sbagliarsi.
Nei suoi ormai annebbiati ricordi di qualche attimo prima non ricordava il sorriso di Floridea.
Greta si sentiva fluttuare, leggera come una piuma, priva di un corpo, priva di consistenza.
"Finalmente un po' di pace..." si disse mentre esalava quello che sapeva sarebbe stato l'ultimo respiro. Strinse la mano a Floridea.
E nel gelo della morte udì per un ultima volta la vellutata voce della figlia pronunciare una parola.
Forse nei suoi ricordi.
Forse.
"Mamma..."

La Verità non è altro:
qualcosa in cui decidiamo di credere.
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