Io,
pagliaccio sul palcoscenico della vita
non sono ci che vedete.
Per scelta. Per forza.
Il mio volto dipinto, il sorriso finto
questo quel che potete conoscere di me....
un buffone.
Ma chi tra voi l'arguto?
Si faccia dunque avanti e discerni che la lacrima disegnata sotto il mio occhio
non che l'ironico specchio delle lacrime che ho dentro.
Finzione
recita
interpretazione
vanit
Solo un guscio pieno di nulla,
un vaso che si rotto cadendo
ed ora sono qui
a raccogliere i cocci di quel che sono e non piango
non piango più.
Ordunque, ridete ancora
suvvia ridete e non tacete.
Perché mi guardate allibiti?
Solo perché la maschera infranta e potete vedermi il volto struccato?
Vi meravigliate nell'apprendere che anche un clown ha un cuore?
Almeno abbiate la delicatezza di lasciarmi solo
solo a vedere foto sbiadite d'un amore mai avuto
di una vita mai vissuta.
C'é una lama lì sul tappeto
riflette la luna.
La faccio passare tra le dita e mi incido le vene del polso.
L'acciaio freddo, ma par fuoco rispetto al gelo della mia anima.
Il sangue abbandona il mio corpo, svuotando un cuore già vuoto e,
perdendo i sensi nel mantello della morte,
penso alla morte del cigno.
Applaudite pure, lo spettacolo finito
ma vi prego...
non ridete stavolta.
[Modificato da ariadipoesia 09/11/2004 18.22]
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Non si possono eliminare le radici. Si possono nascondere, forse si può far finta che non abbiano importanza, ma davvero non si possono eliminare.
Sono io il Gran Pastore
nel volo della falena
di cui senti con orrore
i graffi sulla schiena.
