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Il mondo degli Haiku

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    ariadipoesia
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    00 30/08/2008 10:10
    a cura di ariadipoesia

      Cosa è l' Haiku ?
    E' una forma poetica assai breve, costituita da tre versi di cinque, sette e ancora cinque sillabe.

    La tradizione impone che questa composizione contenga
     almeno una parola che evochi la stagione dell'annoDi cosa si tratta ?
    Si tratta probabilmente della forma poetica più breve esistente al mondoChi è il poeta di haiku?

    Il poeta kaiku è colui che è capace di essere insieme breve e conciso
     al fine di riuscire a racchiudere una profonda comprensione spirituale della natura in uno spazio espressivo così limitato.

    In questo modo, attraverso i cambiamenti della natura
     che si cristallizzano nella sua mente, egli arriva ad esprimere il mondo dell'intangibile.


    Per loro natura, gli haiku non hanno mai un titolo.
    Come faccio a creare un vero haiku?

    la divisione di 17 sillabe
    in tre gruppi di 5, 7 e 5 sillabe
    e dell'inclusione di un tema stagionale.
    sono le basi per cominciare a formulare un haiku.Come una pittura o un giardino zen, l'haiku deve essere oggetto di meditazione, attraverso la quale scoprire la verità essenziale nascosta dentro i suoi versi.Deve avere carattere di immediatezza evitando astrazioni e metafore e basarsi su immagini concrete per descrivere le sensazioni; deve cercare di essere introspettivo e porre in primo piano verità, significati, difetti della vita umana;deve usare un linguaggio di tutti i giorni, evitando il linguaggio fiorito o magniloquente della poesia; deve mantenere un tono riflessivo, di eleganza discreta e amore delle cose semplici. . La punteggiatura va usata con sapienza per eliminare ambiguità e scandire le pause; le maiuscole usate secondo le regole della prosa, per i nomi propri e dopo il punto. Bisogna sapere che è dall'evoluzione dell haikai,  una Forma poetica di 17 sillabe sullo schema 5-7-5 sorta nel periodo Tokugawa (1600-1867)di cui il Massimo esponente fu Matsuo Baschè, che è nato lo haiku. Non vi è una netta distinzione fra 'Hokku haiku e haikai ed in genre  oggi haiku li ingloba tuttiE' l'hokku  quindi il primo collegamento cominciante di una catena molto più lunga dei versi conosciuti come haika.

    Poiché il verso hokku ha dato il "tono" per il resto della catena poetica,
    ha occupato una posizione privilegiata nella poesia del poeta haikai.Così questa nuova forma della poesia che prende nome di haiku doveva essere scritta, letta e capita come poema indipendente, completo in sè, piuttosto che la parte di una catena più lunga.


    In gran parte con gli sforzi di Masaoka Shiki,
    questa indipendenza è stata stabilita formalmente nel 1890 attraverso la creazione dell' haiku di termine.
    Come si fa a sapere se alcuni componimenti sono haiku?

    I versi famosi del 1600-1868)

    padroni del priodo Edo

    (come Basho, Yosa Busone Kobayashi Issa),

    definiscono quali sono gli hokku corretti e come devono essere disposti
    nella prospettiva della storia del haikai.

    Anche se ora sono letti generalmente come haiku indipendente.


    HAIKU per la GENTE:
    Entrambi i termini, sono trattati ugualmente!

    IMPORTANTE SAPERE CHE


    La riforma di Kawahigashi Shiki introdotto da Hekigoto
    ha in più due ulteriori proposte:

    -1)Haiku sarebbe:
    più allineato alla realtà se non ci fosse centro di interesse in esso.

    -2)Importanza della prima impressione del poeta,

    l'appena come era, degli oggetti presi da vita quotidiana
    e di colore locale per generare la freschezza.La distinzione fra il hokku ed il haiku
    può essere maneggiata usando i termini
    Haiku classico e Haiku moderno

    .RICAPITOLANDO

    La storia del haiku moderno data dalla riforma di Masaoka Shiki, è cominciata nel 1892,

    Ha stabilito l' haiku come nuova forma poetica indipendente.

    La riforma dello Shiki non ha cambiato due elementi tradizionali del haiku:

    la divisione di 17 sillabe

    in tre gruppi di 5, 7 e 5 sillabe

    e dell'inclusione di un tema stagionale

     .::.

    Angela_______ari@dipoesi@


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    00 30/08/2008 10:13
    viaggio nel mondo degli haiku di un autore italiano (preso dal web)

    viaggio nel mondo degli haiku di un autore italiano (preso dal web)

     



    Gianni Ferrara HAIKU Edizioni Club Ausonia www.diel.it/HELIOS/ClubAusonia/HAIKU.html


    Introduzione e...

    Perché un giovane poeta italiano dei nostri giorni sente il bisogno di esprimersi con una forma artistica propria di una cultura così lontana dalle tradizioni occidentali quale gli Haiku giapponesi?
    Versi che esprimono, con estrema sintesi, sensazioni e sentimenti che emergono dallo spirito immediati, quasi da una fase di "sogno", e che sono imbevuti di profonda solitudine; che esprimono la voglia di uscire da una realtà che viene percepita come "pesante", troppo gravosa da sopportare da chi invece cerca una dimensione spirituale di armonia e di amore.
    C'é il rifiuto della corporeità e dell'immagine nei versi di Gianni Ferrara, e ciò in una realtà in cui questi elementi sono continuamente sbattuti in faccia a tutti attraverso le pagine dei giornali e gli schermi televisivi, che offrono prototipi estetici a cui conformarsi acriticamente.
    Modelli accattivanti di belli a tutti costi e vuoti per necessità.
    Anche se con la voglia struggente di essere riconosciuti come individui, vengono attratti dal vuoto per la necessità di non sentirsi diversi, perché il pensiero originale ha bisogno di "rallentare" il flusso delle immagini, e se si rallenta questo flusso non si riesce ad apparire, e chi non appare oggi non esiste.
    Pochi, secondo questa logica, esistono, perché in fondo pochi riescono ad apparire. Invece la poetica di Gianni Ferrara esprime una "terza via", la via dei sentimenti espressi con immagini dello spirito e non del corpo.
    Ma anche il suo modo di esprimersi e di ricercare tramite la poesia un'armonia spirituale eterea é pervasa sostanzialmente dal rifiuto della vita espresso attraverso il rifiuto della corporeità.
    Un elemento che accomuna il nostro poeta ai giovani della sua generazione, che ne fa un'espressione fedele di un pensiero che é certamente nichilista, che esprime una profonda mancanza di speranza, di fiducia nelle capacità individuali di agire e lasciare effetti che abbiano un valore non effimero; un atteggiamento smarrito nella inutilità di un futuro in cui non si crede, di un futuro che sembra infischiarsene dei sogni, dei sentimenti e di un eros appassionato che ricongiunga i giovani alla vita. Tutto ciò i giovani lo vivono accasciati e depressi, smarriti in questo presente senza progetto, e non possono far altro che rifuggiarsi in sé stessi, travestiti da simboli esoterici, che quando raggiungono vette di autentica raffinatezza artistica si possono anche appropriare di quelle forme stilistiche come gli Haiku giapponesi, così come ha fatto magistralmente Gianni Ferrara, che é giunto ai "versi crisalide" non per una ricerca stilistica a priori, ma perché, affascinato dalle filosofie orientali, soprattutto zen, trova negli Haiku una forma artistica che lo cattura con naturalezza, che utilizza con grande padronanza e leggerezza, che egli usa per esprimere il suo mondo interiore, il mondo interiore di un giovane occidentale dei nostri giorni, con i suoi bisogni e le sue paure, pronto a destarsi dal sonno di loto e cavalcare la vita.
    Noi siamo convinti che "ogni azione, anche la più piccola, produce un effetto che condiziona tutto e tutti" e che quindi c'é la possibilità di progettare un futuro, in cui i sentimenti e la fisicità siano insieme l'espressione dell'essere uomini, ma l'opera di Gianni Ferrara merita di essere letta ed "assaporata" soprattutto per capire i perché delle tante contraddizioni autentiche e drammatiche che i giovani oggi vivono e per le quali, spesso, scelgono di morire, senza atti eroici o gesti di denuncia ma solo per non sopportare il "peso del vuoto".
    Amare Gianni Ferrara é facile, quello che é difficile é creare il clima di amore attorno a lui; quel desiderio d'amore che viene fuori forte ed angosciato dai suoi Haiku, che non abbattono i muri per fare entrare la luce dell'armonia e dell'eros, ma che lasciano un tenue spiraglio da cui traspare la speranza di essere travolti dalla vita.
    Pino Rotta Direttore di HELIOS Magazine
    Introduzione storica
    Lo haiku ( HAI: viandante - KU: poesia) è un componimento poetico originatosi sulla preesistente struttura del waka o tanka, la più antica forma di poesia giapponese, modificatasi col passare dei secoli anche in relazione ai cambiamenti intercorsi nella situazione culturale ed economica dell'arcipelago per giungere sino ai giorni nostri nella sua forma attuale. Nonostante le difficoltà insite nell'idioma nipponico, notoriamente sillabico e privo di accentazioni e perciò scarsamente adattabile alla forma poetica, gli autori hanno risolto questo problema tramite la sostituzione della metrica e delle rime con un sistema di sillabe fisse ed un uso studiato delle ripetizioni vocaliche all'interno dello stesso verso, al fine di ottenere un certo effetto musicale; questa capacità di creare una musicalità senza rime resta senz'altro una delle più alte realizzazioni dei poeti giapponesi.
    L'originaria forma poetica, il waka, era strutturata su una serie di cinque versi composti rispettivamente da 5-7-5-7-7 sillabe; esso rappresentava un tipo di poesia espressione della classe aristocratica allora dominante. In epoca successiva, con il progressivo indebolirsi dell'aristocrazia, cominciò ad affermarsi il renga che riprendeva nella sua forma la stessa struttura del waka, ma sul quale pesava tutto un complesso di norme stilistiche e di regole formali che arrivava fino a sanzionare in quale verso, ad esempio, dovesse essere menzionata una determinata stagione, in quale altro la luna oppure i fiori di ciliegio.
    L'ostacolo costituito da questo sistema di rigida imposizione e limitazione rappresentò una barriera difficilmente sormontabile per l'affermarsi della creatività dei singoli autori e ben presto il renga degenerò in una forma di gioco di società diffuso in tutte le classi sociali del paese, dai samurai ai contadini. Il renga veniva composto da più autori e di solito colui il quale era considerato il più saggio ed esperto tra i partecipanti componeva i primi tre versi (hokku) e scriveva il soggetto portante della composizione ai quali il secondo legava i due versi rimanenti e così via fino anche a cento strofe. Il risultato finale difficilmente poteva dare l'idea di un componimento omogeneo, in quanto ogni singola parte, se separata dall'insieme, appariva dotata di una propria vita autonoma. Dallo hokku che già era una composizione finita ebbe origine lo haiku, come moto di reazione alle norme stilistiche che gravavano sul renga ed anche come forma d'espressione della nuova classe mercantile in ascesa.
    Nelle poesie create dai haijin (maestri di haiku) vengono utilizzati solo i primi tre versi del renga (5-7-5 sillabe) in esse riflette pienamente lo spirito, la mentalità e la cultura del popolo nipponico. Per i haijin, grandi viaggiatori e spesso anche maestri di Buddismo Zen, della cui filosofia sono impregnati molti componimenti, ogni minimo aspetto della realtà è degno di considerazione e di attenzione poichè ogni forma è penetrata dall'energia vitale ed ogni sfaccettatura del reale nasconde l'essenza dello yugen ( il mistero ) che congiunge ciò che è misterioso, nascosto, con la realtà concreta, senza rifiutare nessuno dei due aspetti.
    E l'essenza del mistero non può essere compresa razionalmente, occorre immedesimarsi nella situazione descritta dal poeta, calarsi completamente nella sua realtà, per divenire capaci di cogliere le vibrazioni. Da qui la spontaneità e l'immediatezza, caratteristiche principali dello haiku. Se l'uomo vuole confrontarsi con il mistero tramite le parole allora la stessa dovrà lasciare da parte ogni enfasi descrittiva e ricercatezza estetica o ridondanza di stile, per giungere alla vera bellezza attraverso la strada maestra della semplicità. Spontanietà ed immediatezza garantiscono la fulminante espressività dello haiku che coglie nel segno solo se riesce a catturare l'attimo fuggente della scena vissuta ed a riverberare i colori e le immagini nella mente del lettore.
    Tra tutti i maestri di haiku, Bashò (1644-1694) è ritenuto il principale autore ed anche colui al quale maggiormente si deve l'apporto della cultura Zen nella poesia giapponese. La peculiarità del suo stile è data dalla capacità di creare e trasmettere le sue sensazioni al lettore utilizzando soprattutto similitudini e metafore tratte dall'immenso poema della natura i cui protagonisti sono gli uccelli con i loro canti, le farfalle con il battito delle loro ali, i profumi dei fiori, il sole oppure i colori delle stagioni , con i quali il poeta e maestro Zen si fonde con reverenza ma con uguale distacco.
    Tra i poeti di haiku contemporanei vi è in atto una ricerca di superamento dei rigidi limiti sillabici, che indubbiamente rappresentano una forma di costrizione, nel tentativo di accentuare l'immediatezza (Per tale motivo due degli haiku di questa raccolta non rispondono al canone sillabico) e la spontaneità delle impressioni che l'autore desidera esprimere nei suoi componimenti.

    Ernesto Menga

    Note bibliografiche: - AA.VV., Il muschio e la rugiada - BUR , Milano, 1996
    - G. Pasqualotto, Estetica del vuoto - Marsilio, Venezia, 1992
    - T. Hoover, La cultura Zen - Mondadori, Milano, 1981
    - L. V. Arena, Haiku - Superclassici Rizzoli, Milano, 1995


    Presentazione
    Il lettore occidentale deve ricordare che un buon Haiku è un ciottolo gettato nello stagno della mente.
    Esso lo invita a partecipare, invece di lasciarlo ammutolito di ammirazione. Gli stati d'animo che affiorano da questa "poesia senza parole", di solo diciassette sillabe, che afferra il tema e subito lo lascia cadere, sono la quieta e intensa solitudine del "sabi", l'inatteso riconoscimento della fiduciosa quiddità delle cose comuni del "wabi", la nostalgia dello "aware" ed il mistero contenuto nello "yugen". Gianni Ferrara, in questa raccolta di versi, ci accompagna per mano, con spontaneità e naturalezza (Tzujan), attraverso paesaggi tratteggiati con rapidi tocchi di pennello (Onda azzurra non temere gli scogli tu sei il mare) invitandoci a guardare il mondo che ci circonda con uno sguardo nuovo.
    Oggi sembra che la nostra vita sia tutto "passato" e "futuro", e che il presente non sia niente di più di un capello infinitesimale che li divide, come conseguenza abbiamo la sensazione di "non avere tempo", di vivere in un mondo che si affretta con tale rapidità da farci trascorrere le giornate prima di averle vissute.
    Oggi professori, studenti, artisti, impiegati, uomini d'affari, massaie cercano nello "zen" la spiritualità che manca al "mondo occidentale", dove l'unico oggetto "sacro" e capace di imporre comportamenti, mode, stili di vita è la televisione (schiavi di troppi protocolli, l'abisso, l'uniformità).
    Lo Zen non crea "sette" e "santoni", spiega solo come poter vivere diversamente senza abbandonare lavoro e famiglia, ma rivalutando se stessi, il proprio potenziale, l'ambiente in cui abitualmente si abita.
    Gianni Ferrara, pur venerando il libro "Lo Zen e il tiro con l'arco", scritto da Eugen Herrigel, (professore universitario che per cinque anni andò a vivere in Giappone sottoponendosi a prove sconcertanti per iniziarsi al tiro con l'arco secondo lo stile Zen) conduce una vita normalissima (l'università "facoltà di filosofia", gli amici del "muretto", l'impegno civile e ambientalista) e non ha bisogno di vestirsi arancione per provare ad accedere allo stato di "satori" o illuminazione che è l'obiettivo ultimo della disciplina zen (nato urlando cerco un senso in un mondo d'asfalto).
    Naturalmente un allievo, ha affermato un maestro, deve approfondire per anni lo zen, preparandosi alle delusioni "di una zanzara che voglia rompere una sbarra di ferro" per poter vivere una vita illuminata.
    A questo punto mi piace immaginare Gianni Ferrara in un giardino "zen", con rocce disposte in una formazione apparentemente casuale sopra il pavimento di sabbia, un giardino ideale dove ci si muove lentamente contemplando oggetto semplici, dove i "silenzi" possono diventare rumorosi come "tuoni".
    Il leggero movimento, quasi impercettibile, della mia mano mi riporta alla realtà. Una frase del maestro "Eckhart" riecheggia nella mia mente: "Un uomo ha in se molte pelli che ricoprono le profondità del suo cuore, l'uomo sa molte cose, ma non conosce se stesso, trenta o quaranta spessori di pelle, dura come quella del bue o dell'orso, ricoprono la sua anima, sfoglia te stesso".

    Alberto Dedola
    HAIKU
    Non ti vidi più
    trovai lacrime di
    cose non dette

    Temo il sogno
    che porta gli spettri di
    una speranza

    Abbandonato
    dal calore sarò un
    volto per pochi

    Gesti vuoti si
    ripetono, la vita
    ride di me

    Fragili sono
    i sogni: maledetta
    corporalità

    Un altro anno
    si consuma, un altro
    sogno sepolto

    Raggiunta ora
    tu svanisci, rugiada
    di un mattino

    Dispiegano le
    ali, voli d'uccelli:
    quanta invidia

    Fiore bianco di
    susino è tenue il
    tuo profumo

    Intensa splende
    nel cielo estivo la
    stella morente

    Bassi rintocchi,
    sei anche tu sconfitta,
    dalla ruggine

    Con l'alba, torna
    la delusa stanchezza
    del cormorano

    Sopra tremanti
    membra aleggia l'ombra
    d'un Dio vile

    Cicli di vite
    passate, un attimo
    di felicità

    Suadenti voci
    femminili, belle le
    loro menzogne

    I nuovi pianti
    colmeranno lo spazio
    da te lasciato

    Ti ho amata:
    nel mio dolore la
    tua vanità

    Anelli stretti
    di desiderio, tristi
    doni di Kama1

    Gelido marmo,
    quest'ultimo sigillo
    della povertà

    Ogni giorno si
    apre tra le ferite
    di un addio

    D'inguaribili
    pene mi struggo, nutro
    l'eterna gleba

    Mani pregano,
    figure misere di
    vite urlate

    In me, l'intera
    notte senza luna del
    mago sconfitto

    Nel cuore, neri
    mantelli tessuti da
    pianti silenti

    Non mi servono
    Urabi2, non bastano
    gambe dischiuse

    Recito, sotto
    le pesanti maschere
    di privazione

    Il destino è
    in cammino ed io
    fermo attendo

    Si dileguano
    ricordi, sono solo
    come nessuno

    Notti insonni,
    imprigiono la luce
    in pochi versi

    Elevami dal
    ritmo cupo d'umane
    solitudini

    Mi stringevano
    il volto, mani forti
    di sofferenza

     

     

    Angela_______ari@dipoesi@


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