Dove finiscono le mie mani e dove i miei occhi…
Se esistesse meta a cui mirare; se fosse utile continuare a camminare, a mietere anime, per cui al fine raggiungere l’ambito traguardo che premia gli uomini.
Se mai il cielo potesse tenermi in grembo dopo aver trafficato con gli spiriti e le maledizioni di un’improba natura, semmai, semmai, potrei sorridere a quell’evento giusto, enigmatico, sorprendente che è la morte.
Ma… io sono la morte…qui, condannata a vivere in eterno, e per mille eternità e mille altre ancora, senza neanche invecchiare, senza sentire il dolore se non quel dolore che è il non poter morire; senza nessun pietoso riguardo se non la pietà con la quale cancello quest’inferno che è la vita.
Io non morirò mai, io non proverò mai la sensazione dell’ultimo sospiro ne l’arcana pace dell’attimo prima.
Io non proverò mai il dolore del dover lasciare qualcuno che si ama e che… ti ama ne la gioia di dover chiudere il sipario degli occhi per aprire quello dell’anima e mi rimangono da vivere tutti gli anni ancora…
Certo che vista in quest'ottica la morte davvero farebbe tenerezza.
Sappiamo però che anche la Morte è destinata escatologicamnte a morire in favore di quella Vita eterna quando saremo in Cieli Nuovi e Terra Nuova.
Il testo è ben scritto, un monologo costruto tenendo presente gli attimi si suspance che deve comunque generare un testo per entrare in contatto con il Superio del lettore.
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[Modificato da ariadipoesia 09/09/2008 14:40]