Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!
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Caffè dei Poeti

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regione Lombardia

Ultimo Aggiornamento: 06/10/2004 09:02
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Angela_______ari@dipoesi@


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La storia della Fosca

Spesso quando la tempesta si scatenava, illuminando con tetro bagliore la selva, i valligiani vedevano scendere lentamente dal castello di Savignone, una processione di spettri che si spargevano per le valli deserte e all'alba svaniva nel nulla.

Si distinguevano tra quelle figure, re, duchi, marchesi, cardinali e baroni, vestiti magnificamente.

era terrificante, vederli così, accompagnati da una atmosfera lugubre e misteriosa, avvolti nella nebbia della notte, sembravano rievocare antichi riti.

E la fantasia creava così personaggi ed avventure: passaggi segreti, tesori, grandi amori e raduni di streghe...

Si racconta che tanto tempo fa, un sovrano, nel Ducato di Milano, si innamorò perdutamente di una bellissima fanciulla, figlia di un conte del feudo di Savignone, e la volle in sposa.

La felicità dei protagonisti, si manifestò nell'organizzazione di uno splendido banchetto nuziale, che durò per oltre un anno ed al quale parteciparono tutti i migliori cavalieri dei due regni.

Un brutto giorno, però, la Fosca, così era timidamente chiamata la giovane principessa, perse il profumo delle virtù che la rendevano angelica, tra i corrotti costumi della corte milanese.

Divenne malvagia e cattiva, tanto che il popolo del suo nuovo regno si vergognava dei suoi mondani comportamenti.

La giovane fanciulla decise fermamente di abbandonare il vetusto regno lombardo ed iniziò a viaggiare di corte in corte, da Mantova a Venezia, lasciando in tutti i posti una triste immagine di se.

La cattiva fama, come si sa, è simile al vento e si accresce di luogo in luogo, di bocca in bocca, e quando giunse agli orecchi del principe, era ormai intrisa a tal punto da indurlo alla tremenda vendetta.

Solo uccidendo la Fosca ed il suo reale amante, egli avrebbe lavato la macchia recata al suo nome e all'onore del suo casato.

La bellissima sovrana, consapevole del suo tragico destino, decise di trovare rifugio nella solitudine delle montagne del suo antico regno, Savignone, rifugiandosi all'interno dell'inespugnabile castello paterno.

Alcuni giorni dopo il suo segreto arrivo, un pellegrino dalla lunga barba cadente sul petto, coperto da un saio lacero, salì al castello e chiese, per misericordia, che gli fosse concessa ospitalità presso la Cappella di San Rocco, ai piedi del dirupo.

Grazie alla diplomazia della giovane principessa, gli venne offerto ricovero ed ospitalità.

Ogni giorno la fanciulla si recava dal viandante a fargli visita, intrattenendosi per lunghe e frequenti orazioni.

In poco tempo la fama di quest'uomo, paragonata a quella di un santo, arrivò anche nei paesi vicini.

Ben presto la Fosca dovette interrompere le sue visite, poiché intorno al castello giravano tipi sospetti, forse sicari di quel lontano marito bramoso di vendetta.

Il pellegrino, turbato e preoccupato dalla continua assenza della fanciulla alle loro ormai famose riunioni, decise di avere sue notizie.

In una notte tetra, dall'interno della piccola cappella si potè scorgere un filo di luce, che rompeva la monotonia dell'oscurità circostante, mentre due occhi pensierosi e languidi cercavano invano dalle gotiche arcate del castello di lanciare un messaggio al cielo, che dominava il profondo burrone.

Se un raggio di luna avesse illuminato, in qel momento le cavità della voragine, si avrebbe mostrato un baldo giovane, abile come uno scoiattolo, arrampicarsi lungo la parete rocciosa, afferrarsi agli sterpi, riuscire faticosamente a raggiungere la base del verone, che poco prima era stato malamente chiuso.

Dall'alto di una torre, una fune gli veniva segretamente calata ed in un baleno il giovane scalatore inoltrarsi al di la della finestra.

Il giovane era il fedele amante della Fosca, che per necessità aveva dovuto cambiare il luogo dei loro segreti incontri.

Al mattino la fanciulla sempre si affrettava a mandare le provviste al suo giovane amico, ma un brutto giorno, i servitori non lo trovarono in nessun posto.

Tutto il paese fu messo a ferro e fuoco, ma di lui nessuna traccia.

Poco tempo dopo venne ritrovato i corpo di un giovane sfracellato in fondo al burrone del castello, avvolto da un enorme serpente.

Gli scherani del principe milanese avevano compiuto tristemente il loro compito.

L'infelice era passato in un attimo, dagli amplessi amorosi al sepolcro.

Da quel giorno la rocca prese il nome di Salto dell'Uomo.

La Fosca mostrò di riconciliarsi con il principe suo marito e si vendicò avvelenandolo.

La leggenda continua dicendo che in certi periodi dell'anno si notano dall'alto della rocca due fiammelle che si agitano nel vento, volteggiando, unendosi ed infine dividendosi, una verso la strada per il castello e l'altra per il dirupo.

Come tutti sanno le leggende contengono un fondamento di verità,e questa pare proprio si riferisca a Isabella Fieschi, figlia di Carlo Fieschi, conte del feudo di Savignone, e nipote di papa Adriano V, sposò Luchino Visconti, signore del ducato di Milano.
La storia tramanda che la fanciulla fosse realmente bellissima e le cronache che narrano che si lasciò andare a numerose avventure amorose con i migliori cavalieri dell'epoca, tra cui il Doge di Venezia, Francesco Dandolo, e Ugolino Gonzaga, signore di Mantova.
La fantasia popolare identifica nelle due fiammelle le anime di due amanti, Isabella Fieschi ed un baldo giovane, mentre nella serpe Luchino Visconti, il cui stemma di famiglia era un enorme biscione a due teste.



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05/10/2004 12:25
 
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ARNALDO DA BRESCIA
ei primi decenni del 1100 aveva fatto ritorno a Brescia, sua città natale, un certo Arnaldo, che era stato discepolo a Parigi del celebre Abelardo.
Pur non essendo monaco - aveva infatti
ricevuto solo i primi ordini minori - egli aveva
assorbito l'influenza, il pensiero e la morale del

grande filosofo. Ai bresciani, quindi, predicava la povertà e l'umiltà del clero, dando egli stesso l'esempio.
Le sue prediche pubbliche riscuotevano molto successo fra il popolo, che da tempo desiderava una riforma clericale, stanco dell'arroganza e degli sprechi di denaro da parte dei religiosi. Questi ultimi, al contrario, non trovavano certo gradite le parole di Arnaldo e vedevano in lui un nemico che si faceva di giorno in giorno sempre più pericoloso.
Le parole infuocate di quel bresciano erano tutte rivolte al clero corrotto a cui rinfacciava i feudi vescovili e le proprietà che prelati e cardinali avevano ricevuto in possesso. Si aggiunga che in quegli anni la Chiesa era divisa da uno scisma e che esistevano addirittura un papa e un antipapa; fatto che esasperava l'inconciliabilità delle diverse fazioni.
Col passare del tempo la tensione si accentuò: il popolo applaudiva e bramava la riforma del clero, e un bel giorno, sempre per istigazione di Arnaldo, si oppose all'autorità temporale del vescovo eleggendo consoli favorevoli alle riforme.
Il vescovo della città, Maifredo, sotto il cui feudo erano raccolti i tre quinti dell'intero territorio bresciano, chiese sostegno a nobili, preti e secolari, proclamandosi garante di tutti quei benefici che essi avevano ricevuto in cariche civili ed ecclesiastiche.
L'acredine tra il popolo e le classi dei potenti crebbe.
Ben presto tutta Brescia fu in armi: i nobili e i preti concubinari da una parte, i consoli e il popolo dall'altra.
Negli anni che seguirono si assistette a numerosi scontri, fino a giungere ai sanguinosi combattimenti del 1138-1139, che si rivelarono decisivi per la città, per il popolo e, soprattutto, per Arnaldo: la vittoria arrise ai nobili e i consoli vennero scacciati da Brescia. Il vescovo tentò infine di far condannare Arnaldo quale eretico, ma egli si rifugiò prima in svizzera e poi in Francia, dove continuò la lotta contro il clero.

Non si è mai troppo poveri per donare una carezza.




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05/10/2004 12:25
 
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IL FANTASMA DI SIRMIONE
Tanto tempo fa, vivevano nel castello di Sirmione due giovani sposi innamorati e felici: Ebengardo e la bella Arice.
Essi conducevano una vita serena finché non accadde il fatale episodio.
Una notte di tempesta bussò alla loro porta un

cavaliere: era Elalberto, marchese di Feltrino, che chiedeva ospitalità per la notte. I due giovani lo accolsero come gradito ospite.
Ma Elalberto, colpito dall'incredibile bellezza di Arice e incurante di ogni regola d'onore, durante la notte entrò furtivo nella camera della giovane. Questa, svegliatasi, ingaggiò una lotta disperata contro il suo assalitore, finché Elalberto, fuori di sé, la pugnalò.
In quel mentre, richiamato dai rumori e dalle grida, comparve Ebengardo che, alla vista dell'amata ormai senza vita, uccise con lo stesso pugnale l'infido ospite.
Da allora, narra la leggenda, nelle notti di tempesta si può ancora vedere l'ombra di Ebengardo vagare sconsolata tra le mura del castello, alla ricerca della perduta sposa.

Non si è mai troppo poveri per donare una carezza.




06/10/2004 09:02
 
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futura
o meglio chicca,che brava che sei,del resto non avevo dubbi.

ti abbraccio

jack
[SM=g27828]








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