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IL POETA FANATICO.

di Carlo Goldoni

Commedia di tre atti in prosa rappresentata per la prima volta
in Milano nell’Estate dell’Anno 1750.



ALL’ILLUSTRISSIMO SIGNOR CONTE
DON GIAN RINALDO CARLI RUBBI
CAVALIERE E COMMENDATORE
DELLA SACRA RELIGIONE ED ORDINE MILITARE
DE’ SS. MAURIZIO E LAZZARO


Ella è, Illustrissimo Signor Conte, uno degl’illustratori del nostro Teatro Italiano. La sua erudita Dissertazione dell’Indole del Teatro Tragico, registrata negli Opuscoli del Padre Calogerà, è un argomento chiarissimo ch’ella, col confronto de’ buoni Autori, e coll’esperienza alla mano, sa conoscere più d’ogni altro le buone regole, i veri difetti e gli opportuni rimedi, che alla perfezione dell’opera possono in questi nostri tempi condurre. Non si è contentato d’illuminare il Mondo con i precetti, ma ha voluto dare un’idea pratica, un esemplare vivissimo della miglior Tragedia nella sua Ifigenia in Tauris, nella quale ha saputo unire felicemente i precetti de’ nostri Antichi al piacevole genio dei moderni. Una prova di ciò evidente si è l’incontro fortunatissimo ch’ella ebbe sulle nostre Scene; poiché in Venezia, negli ultimi giorni del Carnovale, ne’ quali pare che il ridicolo solamente voglia tirar il popolo, fu, quantunque grave e severa, atta a fissar l’udienza per più e più sere, facendo prevalere il dolce pianto alle smodate risa. Puó ciascheduno, in leggendola, rilevarne il perché, trovando in essa le buone regole per piacere, consistenti: in verità di caratteri, maneggio forte delle passioni, arte nella condotta, dolcezza nello stile, e ottima scelta dell’argomento.
Se il genio mio portato mi avesse a cotal genere di Teatrale Poesia, non mi sarei dipartito dalla di lei scuola, ma siccome dell’umile Commedia seguir mi piacque gl’inviti, mi lavorai da me medesimo a poco a poco il sistema. Tutti gli esemplari, ch’io aveva dinanzi agli occhi, antichi, moderni, stranieri e Italiani, avevano per me delle difficoltà per piacere; ho lavorato a talento mio, e andava le opere mie approvando e disapprovando, non coll’opinione sospetta e appassionata di me medesimo, ma con quella degli uomini, dei quali aveva io maggiore stima e concetto.
Uno di questi fu Ella, gentilissimo Signor Conte, che mi animò all’impresa, compiacendosi non solo delle Opere mie, ma illuminandomi a migliorarle, ed il poter vantare la di lei approvazione, era per me una quiete d’animo, che non mi faceva sentire le voci de’ maldicenti.
Per giudicar delle opere altrui non basta aver un’idea confusa, uno studio limitato, una cognizione superficiale di quella scienza o di quell’arte di cui si tratta. Le facoltà dell’umano intelletto formano una catena fra di loro, e una dà mano all’altra per l’intelligenza comune. Vi vuole, per formar giudizio d’altrui, una mente come la sua; una mente felice, atta per ogni studio, feconda in ogni genere di buona letteratura, aiutata poi ed illustrata colla fatica, e con quell’uso di studiar per piacere, ch’è stato di lei il più familiare trattenimento.
Conosciuto il valore del di lei merito estraordinario in questa Serenissima Dominante, di cui ella è nato Vassallo, fra i più nobili ed i più antichi Gentiluomini di Capo d’Istria, fu eretta in Padova una cattedra di Scienza Nautica e Geografia, e questa a lei assegnata; e siccome a di lei contemplazione fu stabilita, così, dovendo ella per sue domestiche combinazioni, cinque anni dopo, rinunziarla, fu la cattedra stessa immediatamente soppressa.
Ma in quante altre occasioni ha ella dato saggio del suo sapere e della profonda sua erudizione! Veggonsi fra le opere sue i quattro libri della spedizione degli Argonauti in Colco: la Teogonia d’Esiodo, con tre dissertazioni critiche, la prima intorno all’arte di ben tradurre; la seconda intorno alla vita d’Esiodo; la terza intorno ai principii della Idolatria. Della Bussola Nautica: in cui chiaramente dimostra quanto siasi Hallejo ingannato nel suo sistema dei due poli magnetici. Le osservazioni sopra 1’Amfiteatro di Pola; le antichità di Capo d’Istria; e la utilissima opera delle Monete, e della istituzion delle Zecche d’Italia, di cui diede ella un saggio in due dissertazioni nell’anno 1751, ed ora, riducendola in due Tomi in quarto, ha diffusamente trattato di una materia così importante, sendo questo il primo libro che, abbandonata ogni immaginaria teoria, dimostrasse in Italia col calcolo e coi fatti non solamente lo stato presente del sistema monetario di tutta Italia, ma insegnasse altresì il modo sicuro, onde equilibrare in ogni città il valore delle comuni Monete; ecc.
Ma troppo allungherei questa lettera, se il catalogo far volessi delle Opere sue, e molto più se di tutte le virtù che l’adornano, tentassi di far parola. Chiunque ha il piacer di conoscerla e di trattarla, si accorderà meco a dire, che più amabile conversazion della sua non puossi desiderare. Quale stima e venerazione non esige ella in Milano, ove per ora fissato ha il suo domicilio, per accudire all’importantissima opera dell’educazione dell’unico di lei figliuolo? E ben lo merita il vivacissimo giovanetto, che nella prontezza dello spirito e nell’amor per gli studi, mostra, se fia possibile, voler superare un giorno il talento del Padre. Felice lui, che ha sortito i natali da un Genitore sì saggio, il quale conoscendo i veri mezzi per l’acquisto delle migliori scienze e delle più belle virtù, saprà, e coll’esempio e con l’arte, renderlo illustre nel merito, e degno di possedere quei doviziosi beni, che ha il Cielo giustamente in lui collocati.
Alla di lei casa antichissima, che trae l’origine da un Almerico da Siena, sin dall’anno 1171, e non solo fra la nobiltà di Capo d’Istria è descritta, ma fra quella ancor di Verona, aggiunto ora ha il fregio di Cavaliere e Commendatore dell’insigne ordine de’ Santi Maurizio e Lazzaro, sotto la protezione di Sua Maestà il Re di Sardegna, fondando in favore della posterità una Commenda, ottenuta avendo, colle prove della nobiltà, la Croce per giustizia.
Un altro bell’avvantaggio ha ella procurato al tenero figlio suo, allora che rimasto privo della di lui Madre, e Moglie a lei dilettissima, si è accoppiato in seconde nozze alla nobilissima Dama, la Signora ANNA LANFRANCHI CHICCOLI, d’una delle più antiche, delle più illustri Famiglie della Toscana, di cui favellano i migliori Storici abbondantemente. Cotesta Dama, che oltre alla purezza del sangue, vanta uno spirito elevatissimo, forma ad un tempo stesso la delizia miglior dello Sposo, ed un vivo esempio al figliuolo, che ama niente meno che se di lei fosse nato.
Oh quale e quanta fu la mia sorpresa, amabilissimo Signor Conte, allorché una mattina, trovandomi nella di lei spaziosa sceltissima Libreria in Venezia, vidi comparirmi innanzi col titolo di sua Sposa l’Illustrissima Signora Contessa sua! Io che l’aveva conosciuta in Pisa (ove dimorai per il corso di anni tre), moglie del Sanmartini, Famiglia nobilissima anche essa di quell’antica Città, non mi sarei sognato rivederla in Venezia, moglie del Conte Carli. Mi rallegrai di cuore con ambidue, lodando la provvidenza del Cielo, che per vie così remote e strane avesse condotto a fine una sì bella invidiabile unione.
Io pure ho acquistato per cotal mezzo assaissimo, trovando in essa una novella benignissima protettrice, che amando teneramente il Marito, onora i servitori suoi di una eguale predilezione.
So io con quanto calore, con quanta forza, ha ella sostenuto l’onore del povero nome mio, e quello delle infelici mie opere, anche a fronte de’ miei contrari; ed ha spirito, ed ha parole, e ragioni, e discernimento, e coraggio per sostenere ogni impegno e fare ammutolire i più franchi.
Non mi scorderò mai, fin ch’io viva, con quanta cortesia e gentilezza mi ha ella trattato in Milano, e quanto nella pericolosa malattia di spirito, che colà mi affliggeva, i suoi consigli e i briosi concetti suoi mi giovavano.
Come mai posso io corrispondere a tante grazie, da due persone sì illustri e sì benefiche ricevute? Soffra la Dama, che io soltanto pubblichi in questi fogli verso di essa l’ossequio mio, e soffra il gentilissimo Signor Conte, che seco lui un poco più mi avanzi, offrendogli per tributo del mio rispetto una delle miserabili opere mie. Non è certamente l’offerta al grado suo ed al suo sapere proporzionata, ma almeno conoscerà che per tal modo fra il novero de’ Protettori miei desidero collocarlo, e non isdegnerà, io spero, d’accordarmelo cortesemente.
Ad un Poeta illustre presento io un Poeta Fanatico, e in ciò facendo, mi lusingo di sollevarlo alcun poco dalle seriose ed utili sue occupazioni. Questa Commedia ebbe la sorte di non dispiacerle in Teatro; può darsi che egualmente vaglia a divertirla in leggendola. È vero che da vicino si veggono assai più i difetti, che da lontano, ma gli uomini di vista pronta, com’ella è, tutto veggono in una occhiata, onde nuovi non gli arriveranno i difetti, siccome comprenderà le mutazioni che ho creduto bene di farvi, e specialmente quella del titolo, che interessa gli amatori della sana Poesia.
Gradisca Ella per tanto benignamente l’offerta; ed [io] inchinandomi rispettosamente alla nobilissima Dama sua, con profondissimo ossequio mi rassegno
Di V. S. Illustrissima

Umiliss. Divotiss. ed Obbligatiss. Serv.
CARLO GOLDONI




L’AUTORE A CHI LEGGE

Questa Commedia, ora da me intitolata Il Poeta Fanatico, è quella che nell’edizione del Bettinelli in Venezia, nel Tomo settimo, è intitolata I Poeti. Questo veramente è il titolo che io le ho dato formandola, e col titolo de’ Poeti si è recitata sinora dai Comici per li quali l’ho scritta; ma replicando ora al proposito, quel che altre volte ho detto: il titolo si dà alla Commedia talora per appagare il popolo, il quale poi merita essere nelle stampe corretto; e però non posso trattenermi di ripetere a questo passo: Signori Librai, Signori Correttori, non si stampano le Opere di Autor vivente, senza la sua approvazione.
Oltre al titolo, che mal conviene, evvi poi un Epitaffio dell’Editore nella seconda pagina, che io non ho coscienza di lasciar passare; egli dice così: Fu questa Commedia per la prima volta recitata in Milano il dì 5 Settembre 1750, dove fu mediocremente applaudita. In Venezia fu recitata susseguentemente nell’Autunno e Carnovale, ed ebbe pienissimo incontro per 14 sere, ed in ogni altra Città dove fu rappresentata, riuscì aggradevolissima.
Perché in Milano fu mediocremente applaudita, ed in ogni altra Città... riuscì aggradevolissima? I Milanesi non sono eglino di buon gusto? Di sano e giusto discernimento? O sono così difficili da contentare, che possa temersi che dispiaccia loro una cosa in ogni altro luogo piaciuta? No certamente, anzi deggio costantemente asserire, che in Milano si giudica con ragione e con fondamento. Per prova di ciò, e per ispiegar il motivo che m’ha indotto a trascrivere l’Epitaffio, confessar deggio che la mia Commedia, intitolata I Poeti, non è piaciuta nemmeno a Bologna. Come dunque può dirsi che in ogni altra Città è stata aggradevolissima? Piacque in Venezia assaissimo, e piacque estremamente a Torino. Ma perché mai tal differenza d’incontro? Lo dirò io il perché. In Bologna e in Milano la Poesia è in qualche stima maggiore di quello sia in Venezia e in Torino, e però in queste due Città non dispiacque vederla in certa maniera posta in ridicolo. Ma dove la Poesia si coltiva, dove si trovano Poeti egregi ed in buon numero, s’aspettano che una Commedia, intitolata I Poeti abbia ad essere un elogio della Poesia, non una perpetua caricatura. Che sì che, cambiato il titolo, piacerà la Commedia anche a Milano, anche a Bologna? Il Poeta Fanatico? Signor sì, questi è un titolo che conduce la gente al Teatro, prevenuta di dover vedere un Poeta per la poesia delirante, e lo soffriranno in compagnia de’ suoi pari. Ma I Poeti in genere è titolo venerabile, e quantunque ve ne sieno de’ trasportati e ridicoli, questi sono nel minor numero, e non hanno a confondersi coi dotti e saggi.
Perché, mi dirà taluno, non l’hai così intitolata a principio? Hai tu cambiato adesso il Protagonista? Hai alterato l’ordine? La catastrofe l’hai tu variata? No, Lettor mio, la Commedia è la stessa stessissima, se non che qualche superfluità le ho tolto, qualche termine ho migliorato, qualche pezzo ho corretto. Ottavio è il vero Protagonista: l’azione della Commedia non è che l’instituzione e lo scioglimento dell’Accademia, da lui promossa: il matrimonio di Rosaura con Florindo interessa il Fanatico, poiché per ragione del suo fanatismo tal matrimonio succede. Tonino, Corallina e Arlecchino non altro fanno che contribuire al carattere di Ottavio stesso e al discioglimento dell’azion principale, e così tutti gli altri Attori della Commedia, onde sta benissimo il titolo a questo tale appoggiato, e benissimo gli conviene quello di Poeta Fanatico.
Così avessi io avuto tempo di cambiare alcune delle poetiche composizioni, che conosco aver bisogno di essere migliorate, ma le consideri il Lettore fatte per la scena, non per riscuotere applauso particolare. Io non sono mai stato bravo Poeta Lirico, e dacché ho abbracciata la Poesia Teatrale e lo stile comico, ho perso affatto la vena lirica. L’onor di questa lo lascio a più valoroso soggetto, bastandomi il compatimento di mediocre comico che procurerò di conservarmi.
Il personaggio di Tonino fu da me in lingua Veneziana scritto, per comodo di un eccellente Attore in tale idioma, che accoppiava egregiamente al pregio di ben recitare quello ancora del dolce canto, onde non ho creduto ora necessario tradurre un tal personaggio in Toscano; tanto più che so di certo essere il linguaggio nostro universalmente gradito. Lo stesso dirò della parte di Messer Menico; né paia strano che un uomo di men colta estrazione facciasi comparir nella scena ad improvvisare, poiché non solo Roma e la Toscana abbondano di tai Poeti, ma noi in Venezia uno ne abbiamo di cotal genere che tutti gli altri sorpassa, e i più eruditi improvvisatori può mettere in soggezione; l’ho sentito io in cimento con uomini letterati, ed egli senza confondersi, col suo chitarrino in mano in vari metri cantando, rime pronte e naturali diceva, e sentimenti fondati ed aggiustatissimi. Ora non ho più il piacer di sentirlo. Sappia egli che ciò mi duole, e per rapporto alla privazione, e per rapporto alla causa, che mi sarà un rammarico doloroso fintanto ch’io viva.




PERSONAGGI

OTTAVIO poeta fanatico:
ROSAURA sua figliuola del primo letto;
BEATRICE seconda moglie d’Ottavio;
LELIO amico d’Ottavio;
FLORINDO amante di Rosaura;
ELEONORA vedova;
TONINO giovine veneziano;
CORALLINA sua moglie;
ARLECCHINO fratello di Corallina;
BRIGHELLA servitore d’Ottavio;
Messer MENICO veneziano;
Servi d’Ottavio.