Rifacciamoci delle piatte
dei giorni bui, fermi
come pietre sull'anima
Corriamoci sulla pelle
a riprenderci le piste
antiche, colorate di fianchi
e bocche assetate di inediti
fiori. Si aprano i ventagli
e le parole senza schermo,
si cerchino le note
del prossimo flamenco
e le nuove vele da issare.
Qualcuno dirà infami lidi
aspettano il cantore
il tango del destino
le rose con le spine sfrontato mostra
Mostro è il futuro, incerto
è il tavagliar del pellegrino
ricerca di armonie di forme
nel magma incandescente dei peccati
e spicca il volo il merlo
ma grida l'aquila dal nido
il volo a bassa quota non le si addice.
Se al passo insieme ci si avvia
scansando il sasso
che rovinoso ci vuol vedere caduti,
la pietra dello scandalo angolare
ritroveremo e ci vedrà seduti
immersi nella policromia dei suoni
provenienti dal creato.
Pazzi!
Ci diranno i sordi farisei della parola,
non si cattura il suono
con barattoli di colla di farina.
L'alfa e l'omega si congiungeranno
nel mentre smentiremo l'ipotesi codarda.
Ma noi sappiamo bene quanto costa il nostro urlare.
Perche', da Faraone, si vuole eclissare
il fiato nato stanco a riassumerci la vita?
Dammi ora i tuoi fianchi che scendono la notte
e riposa dal digiuno
quel tuo labbrare stanco.
Accarezzami di te e delle tue parole scarne
che picchiano sul nido
svegliadone il tic-tac.
Nulla imprigioni il volo
dell'aquila e del falco
che sia mare tempesta
ad ubriacar parole
di fulmini e saette
si ricarichi il grido
che scuota quel sentire
che a volte intrappolato
si ferisce sul filo spinato
della vita
pur di spiccare il volo.
A te quindi mi dono vento
agli artigli dell'aquila mi lego
lambendo bianchi spruzzi d'onda
alzandomi fino al candore del cielo.
Qualcuno continui...
[Modificato da ariadipoesia 05/10/2008 19:56]